mercoledì 16 maggio 2007

I dati che si perdono...

Mi chiama Marcello al telefono. In sostanza mi dice che dalla sua chiavetta USB sono spariti magicamente alcuni file importanti.
Breve indagine: risulta che è pratica comune che lui e diversi suoi colleghi trasportino, ospitino e conservino i dati usando una chiavetta USB.
Ricordo che, tempo fa, ho conosciuto un professore dell'Accademia di Brera che usava, per lo stesso scopo, diversi CD riscrivibili, adottando la tecnologia packet-writing.
Ovviamente, queste tecniche di conservazione dei dati sono sbagliate.
Le chiavi USB sono notoriamente soggetti a problemi di vario tipo. Primo tra tutti il fatto che le scosse elettriche che possono ricevere alla connessione o disconnessione dal PC possono azzerarne il contenuto o, addirittura, bruciarle.
I CD e DVD masterizzati sono sensibilissimi al calore e alla luce. Anche se la loro durata teorica si aggira sul centinaio di anni, la durata reale è, tranne che in rari casi, inferiore ai 10. In molti casi è di 2 o 3 anni. Se sono masterizzati con metodi come il packet writing, sono soggetti a problemi anche durante il loro aggiornamento e soffrono di problemi di lettura.
I CD e DVD stampati hanno meno problemi ma la loro durata non è certo illimitata: soggetti a graffi e al degrado delle caratteristiche dei materiali usati, sembra che la loro vita reale si attesti sui 50 anni al massimo.
Persino gli hard disk hanno i loro bei problemi: influenze magnetiche esterne tendono a dare diversi problemi e, a seconda del metodo di conservazione, sarà difficile che la durata dei dati registrati superino qualche decennio.
Il ricorso al nastro, poi, complica la vita degli utilizzatori senza fornire i vantaggi promessi.
Da qui nasce una riflessione sulla durata dei nostri dati.
La nostra generazione rischia di non riuscire a trasmettere informazioni ai posteri.
Se è vero che una scritta a biro su un foglio bianco, in condizioni ottimali, dura per più di un secolo, i frutti della generazione di informazione rischiano di non arrivare nemmeno alla generazione successiva.
L'unica speranza sembra quella della libera circolazione dei file e la copia continua e perpetua dei file più importanti su nuovi supporti.
Non posso fare a meno di pensare che il degrado è stato costante. Gli antichi scrivevano incidendo pietra e argilla essiccata e ancora oggi possiamo avere accesso ai loro documenti.
Leonardo da Vinci scriveva a matita e, oggi, i suoi testi hanno ancora una perfezione simile a quella originaria.
Io, da piccolo, scrivevo a penna nera su quaderni bianchi e già oggi, dopo 20 anni, ho visto che l'inchiostro è grigio e le pagine gialline, pur non avendo mai consultato quei testi.
A casa ho un disco con alcuni articoli scritti in giovane età che non sono interpretabili da alcun moderno programma. E ho diversi CD, masterizzati anni fa, che sono ormai illeggibili e che tengo perché, apparentemente, sembrano nuovi: i dati (con i primi masterizzatori) non sono stati scritti alla perfezione e la superficie di scrittura è degradata.
Ho avuto ben 2 clienti che, ogni giorno, si facevano il loro bel backup su nastro e, nel momento del bisogno, si sono accorti che i nastri si potevano scrivere ma non si riusciva a leggerli per problemi all'unità di backup o ai nastri stessi.
In questi mesi sto facendo fotografie digitali a mia figlia e mi chiedo se lei riuscirà mai a vederle.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Sembrerebbe dal tuo articolo che l'unica via realistica alla conservazione dei dati sia proprio quel tanto odiato peer 2 peer...

... quindi mi scarichero' subito qualche CD di Renato Zero... tanto per essere sicuri... come dire... tanto per fare una buona azione.

ciao.